Pinacoteca Comunale Casa Rusca, Locarno: dal 9 settembre 2018 al 6 gennaio 2019 SANDRO CHIA

 Magnetism, Optimism, Rheumatism, 2002, olio su tela, 200 x 220 cm, © Matteo Crosera

settembre 2018 - La Pinacoteca Comunale Casa Rusca ospita dal 9 settembre 2018 al 6 gennaio 2019 un’ampia retrospettiva dedicata a Sandro Chia, uno dei maggiori artisti italiani di oggi, la cui produzione è conosciuta e apprezzata in tutto il mondo.
La ricerca di Chia è interamente rappresentata nel percorso espositivo, che offre al visitatore una panoramica sul mondo espressivo di uno degli interpreti più significativi della cultura artistica contemporanea.
La mostra rappresenta un’occasione unica per ammirare, per la prima volta in Svizzera,un’accurata selezione di oltre 50 dipinti di grande formato, realizzati dal 1978 fino alle opere più recenti, di uno dei protagonisti assoluti della Transavanguardia.
È questa anche l’occasione per una riflessione sul movimento artistico nato negli anni Ottanta, attraverso le opere di Chia e di altri suoi esponenti: Francesco Clemente, Enzo Cucchi, Nicola De Maria e Mimmo Paladino. Un movimento, quello della Transavanguardia (ovvero oltre l’Avanguardia), apparentemente di riflusso rispetto al concettualismo dell’arte povera, che trovò nel critico Achille Bonito Oliva – ispiratore e creatore del movimento – la propria autorevole guida nel recupero degli stimoli che avevano alimentato alcune delle avanguardie storiche come l’espressionismo, il fauvismo e la metafisica.
Impulsi che nell’opera di Sandro Chia, tradotti in narrazioni spesso oniriche, si concretizzano in un vigore barbarico, fondendo confessioni intime al gusto per la teatralità. Ne scaturisce una figurazione d’impronta mediterranea che ha saputo in breve tempo imporsi a livello internazionale, anticipando per certi aspetti il passaggio dalla modernità alla postmodernità, fatta di piccole narrazioni quotidiane, del ritorno al particolare e soprattutto da una nuova attenzione al segno, alla forma e al colore.
I punti di riferimento di Chia spaziano dai grandi maestri del passato quali Masaccio e Michelangelo, agli artisti del Novecento come De Chirico, Cézanne, Picasso e Chagall. Chia si appropria di questo enorme patrimonio della pittura figurativa per rielaborarlo nella sua idea dell’arte.
Le prime esperienze espositive sono caratterizzate da una ricerca concettuale, in seguito Chia individua nel procedimento pittorico il mezzo più adatto per il suo lavoro che evolve naturalmente verso una pittura libera e audace, vivace e suggestiva. Per Chia “la pittura è un mondo di libertà senza limiti, senza confini” e le opere sono lo strumento per lasciarsi andare a ogni sorta di avventura o di sfida.
Elemento imprescindibile nell’approccio all’artista è il suo uso del colore: dirompente, variopinto, tendente a repentini mutamenti. L’opera pittorica di Chia scaturisce da una fervida fantasia in cui si incontrano mito, letteratura ed eventi della quotidianità. Sia che illustri temi umili o sublimi, l’artista umanizza i suoi “eroi” dall’aspetto monumentale e fa vivere loro le problematiche del presente:
incomunicabilità, difficoltà dei rapporti umani, materialismo, assenza di ideali, atteggiamento passivo nei confronti della società. Questo procedere dell’artista rivela alcune delle sue caratteristiche più intime: la capacità di concentrazione, l’accuratezza tecnica e l’intensità che riesce a esprimere nelle sue opere.
Davanti allo spettatore si schiude un mondo di immagini forti e provocatorie, poetiche e commoventi. I personaggi dei suoi quadri – anche quando la figura centrale è affiancata da altre minori (The Acrobats, 2004; A Lesson, 2005 e The Painter and his Son, 2006) – campeggiano solitari in una cornice bucolica o su una superficie animata percorsa da linee, zig-zag, gremita di vortici e ghirigori.
Le composizioni, insieme agli spunti proposti dai titoli, rivelano un’infinità di possibilità interpretative dei soggetti e dei temi nodali attorno ai quali si articola la ricerca dell’artista: il viandante, il pittore, il padre e il figlio, l’angelo, il naufrago, la vicinanza della natura alla vita dell’uomo, la sensualità, l’ispirazione, la melanconia.
Nella sua pittura tutto ruota attorno alla condizione umana e al corpo inteso anche quale strumento di espressione delle pulsioni dell’inconscio. Nelle parole stesse di Chia: “Tutta la nostra storia è dentro di noi […] le opere d’arte sono non occhi, ma occhiali che ci permettono di vedere meglio come siamo fatti, che ci rivelano la nostra nudità”. Questa convinzione traspare nelle ripetute allusioni ad un qualcosa che sta dietro o al di là di quello che viene rappresentato sulla
tela. L’universo di Chia è infatti denso di situazioni bizzarre che hanno luogo in ambienti misteriosi e indefiniti: in Hand game (1981), ad esempio, una figura maschile senza volto cerca di pugnalare una donna il cui viso appare coperto da una maschera.
Il motivo della maschera e la successione di volti sovrapposti (Ornamental Moment, 2006 e Seethru Trombone, 2006) ricorrono sovente nei suoi lavori. In una società sempre più frenetica è facile perdere la propria identità. In queste opere è evidente sia lo stato di solitudine sia la volontà di ridare valore a quel silenzio nella sua accezione positiva – inteso come atto necessario alla comunicazione autentica con gli altri e con noi stessi – in un'esistenza che si fa sempre più complessa ed esigente.
La mostra è accompagnata da un catalogo corredato da immagini a colori di tutte le opere esposte, unitamente a contributi critici di Rudy Chiappini e di Marco Pierini. Per info www.museocasarusca.ch