INCERTEZZE E POCA TRASPARENZA: SUI CONSULENTI D’UFFICIO (CTU) LA SOI DICE LA SUA


novembre 2017 - Come è noto, l’art. 15 della legge Gelli (n. 24/17) statuisce che “Nei procedimenti civili e penali aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria, l’autorità giudiziaria affida l’espletamento della consulenza tecnica e della perizia ad un medico specializzato in medicina legale e a uno o più specialisti nella disciplina che abbiano specifica e pratica conoscenza di quanto oggetto del procedimento (…)”articolo a sostegno del quale SOI si è battuta in tutte le Commissioni preposte per imporne nuovamente l’inserimento dopo lo strumentale stralcio avvenuto notte tempo”. L’innovazione apportata dalla norma è radicale e proprio in questi giorni sul punto si è espresso il C.S.M. (Consiglio Superiore della Magistratura) con una risoluzione i cui contenuti sono assolutamente allarmanti.
Vorrei fare alcune precisazioni, dice Matteo Piovella. Presidente della Società Oftalmologica Italiana. Innanzitutto, il Consiglio rileva come con l’affiancamento fra medico legale e specialista, la disposizione in esame, intenda fornire “la garanzia di un collegamento fra sapere giuridico e sapere scientifico, necessario per consentire al giudice di espletare in modo ottimale la funzione di controllo logico razionale dell’accertamento peritale”. E su questo punto siamo tutti d’accordo!
Ma quando si parla invece che in tale prospettiva, i professionisti sanitari che si iscrivono negli albi presso i Tribunali devono indicare e documentare l’esperienza maturata “con particolare riferimento al numero e alla tipologia degli incarichi conferiti e di quelli revocati”, qui non ci siamo proprio.


Se si vuole far entrare la scienza nelle aule dei Tribunali italiani- spiega Piovella- cosa centra andare a vedere quanti incarichi ha svolto il professionista sanitario a favore dei Tribunali italiani? Tutti sanno che i professionisti bravi non si dedicano a queste funzioni. Se sono bravi lavorano come medici chirurghi e, salvo casi eccezionali, non frequentano le aule di giustizia. Punto e basta. Quindi questo criterio non risulta condivisibile: anzi rischia di far prevalere i “soliti noti” quelli che, incapaci di crearsi uno spazio nella professione, si dedicano a lucrare sulla professione dei colleghi proponendosi come consulenti e periti a favore dei pazienti o di legali (avvocati e magistrati) compiacenti.
Al fine di uniformare sul territorio nazionale l’applicazione di questa disposizione, il CSM ha coinvolto i soggetti interessati (magistratura,avvocatura e ordini dei medici) finalizzato a definire il procedimento di revisione degli albi, in modo da garantire una “adeguata e documentata qualificazione professionale degli iscritti”. Tralasciando gli aspetti relativi ai tempi di attuazione, rileva soffermare l’attenzione in merito alle modalità di modifica degli albi. Sul punto il Consiglio rileva la necessità di suddividere le specializzazioni dei consulenti e periti sulla base di disposizioni uniformi in tutto il Paese individuate dalla FNOMCeo. Il singolo Ordine dei medici locale dovrà fornire una “specifica scheda personale su ogni consulente e perito iscritto” con indicati i principali profili di competenza che dovranno essere verificati dall’Ordine di appartenenza.
Qui siamo all’assurdo- commenta Teresio Avitabile, Segretario e Tesoriere della SOI. Invece di coinvolgere le società scientifiche – uniche deputate ed in grado a definire se un collega è veramente capace in una determinata attività terapeutica o chirurgica, il CSM decide di rivolgersi agli ordini professionali che non hanno alcuna competenza sul punto, ma soprattutto ,a loro dire, non sanno neanche il numero dei medici specialisti e non sanno come fare per averlo!
In realtà, leggendo il documento emerge che al momento, in ambito sanitario, il CSM ha dialogato solo (ed esclusivamente) con l’ente rappresentativo della professione medica: la FNOMCeo.
Se questa impostazione non viene modificata coinvolgendo tutte le realtà professionali esistenti nel mondo sanitario, il sistema che si determinerà sarà sempre lo stesso. Nelle aule giudiziarie si favoriranno i “soliti noti”- conclude Piovella.
Per quanto riguarda l’oftalmologia, la Società Oftalmologica Italiana si porrà come garante del sistema, controllando – anche grazie al proprio efficiente sistema assicurativo - “chi dice cosa contro chi” in tutti i Tribunali italiani, favorendo l’inserimento di colleghi bravi e occasionalmente imprestati alle attività di specialista nei collegi dei Giudici, monitorando la qualità scientifica delle affermazioni fatte e contrastando – con assoluta forza e fermezza – chi si permette di aggredire i colleghi con affermazioni scientificamente infondate (se non faziose o false)- gli fa eco a conclusione Teresio Avitabile.

Per ulteriori informazioni consultare Il portale dell'Oftalmologia italiana| SOI Società oftalmologica italiana www.soiweb.com