SLOWLY IN SALVE, Le Tradizioni religiose del Salento parte prima

ottobre 2019 - Paesaggi, mare e cultura lungo la via dei pellegrinaggi, un affascinante viaggio da fare a piedi per gustare con lentezza e attenzione i paesaggi e i sapori di una terra magica,siamo   nel Salento in occasione del  PRESS TOUR “ SLOWLY IN SALVE dove il tempo sembra essersi sospeso!
Il nostro viaggio inizia con la visita La Chiesa madre di San Nicola Magno risale nella parte più antica al VI secolo; restaurata e ampliata una prima volta tra il 1577 e il 1593, assunse l'aspetto attuale nel 1672. Sorta molto probabilmente sulle rovine di un tempietto dedicato al dio Giano, l'antica chiesa, dedicata al SS. Salvatore, corrisponde alla porzione di campata che attualmente precede l'altare maggiore. Oggi la parrocchiale ha una sola grande navata ed il coro, che sono risultato di una serie di interventi in tempi diversi. Il coro, distrutto nel dicembre del 1931 da un incendio, venne ripristinato solo nel 2004 con un'opera in noce boliviano dell'artigiano Giuseppe Valente di Miggiano. Nel 1672 la chiesa è completata con l'abside, la torretta dell'orologio e con il campanile, quest'ultimo ricostruito nel 1954 in seguito al rifacimento della facciata (1950).

Di particolare rilievo è l'organo a canne del 1628, opera del comasco Giovanni Battista Olgiati e di Tommaso Mauro di Muro Leccese.[7] La chiesa ospita pregevoli altari barocchi in pietra leccese dedicati a San Nicola (1653), al Crocifisso (1683), all'Immacolata (1781) e a San Vito (1807). Nel 1704 vennero realizzate, da Cesare Penna il giovane, le decorazioni e gli stucchi della volta antistante il presbiterio. Nell'abside si distinguono due pregevoli tele dello scultore locale Vito Russo.

La nostra visita prosegue alla chiesa di Santa Marina, collocata nella frazione di Ruggiano, è parte di un santuario medievale più volte rimaneggiato nel corso dei secoli. L’interno è a due navate e rispecchia la particolare struttura della facciata. La chiesa conserva al suo interno opere degne di nota tra cui una statua in legno e un affresco raffigurante l’immagine della titolare, rappresentata come una giovane vergine che domina un mostruoso dragone incatenato ai suoi piedi, antico simbolo delle forze del male.Marina di Bitinia è stata una monaca che visse sotto abiti maschili in convento maschile.

Marina nacque in Bitinia, antica regione dell'Asia Minore, da genitori cristiani nel 725 circa. Dopo la morte della madre, il padre, di nome Eugenio, ancora addolorato per la perdita dell'amata moglie, decise di ritirarsi in un convento a Canobin, in Libano. Marina in cuor suo era molto triste per la lontananza dell'amato padre. Anche Eugenio soffriva molto. Allora un giorno, recatosi dall' abate, mediante un innocuo stratagemma, disse che a casa aveva un figlio, il quale aveva espresso ripetutamente il desiderio di poter entrare nel convento. L' abate, commosso, consentì ad Eugenio di poter portare il figlio. Eugenio allora partì e prese con sé la figlia. Marina entrò in convento con il nome di fra' Marino, vestendosi da uomo, in quanto non era ammesso alle donne entrarvi. Non era difficile per Marina dissimulare il proprio sesso, il padre le aveva tagliato i lunghi capelli, inoltre i frati vivevano in celle molto buie indossando un grande cappuccio che copriva il loro volto. Restò in convento anche dopo la morte del padre, conducendo vita monastica e seguendo gli insegnamenti dell'amato padre.

Durante un lungo viaggio, per raccogliere provviste per il convento, con alcuni confratelli passò la notte in una locanda. La figlia del locandiere, rimasta incinta di un soldato la notte stessa, accusò successivamente il "monaco Marino" del misfatto. I genitori della ragazza, infuriati, corsero al convento e raccontarono tutto all' abate, che rimase allibito, non credendo per nulla alle accuse che venivano rivolte verso uno dei suoi frati. Marina, accusata ingiustamente, andò col pensiero a Dio e, invece di discolparsi, si autoaccusò di una colpa non sua. L'abate, addolorato, la cacciò immediatamente dal convento e le fu affidato, subito dopo lo svezzamento, il bambino, che secondo la tradizione si chiamava Fortunato, e che allevò con mezzi di fortuna. Restò sempre nei dintorni del convento facendo penitenza per una colpa che non aveva mai commesso ed elemosinando il poco cibo che serviva per il piccolo Fortunato.

Finalmente, dopo tre lunghi anni, dietro intercessione dei frati, che mai avevano creduto all'accusa verso il confratello, l'abate riammise in convento fra' Marino, a condizione che si mettesse al completo servizio dei frati. Ma troppo duri erano stati i sacrifici, tanto che avevano colpito il fisico di Marina. Poco tempo dopo, nel 740 circa, infatti morì. I monaci, mentre lo svestivano, prima della sepoltura, fecero la sorprendente scoperta e capirono allora di quale grossa diffamazione fosse stata vittima e l'ammirarono per la sua grande rassegnazione. Grande fu la commozione dell'abate e dei confratelli davanti al corpo di Marina.Fu sepolta nel convento, da dove fu trasferita dopo qualche tempo in Romania ed infine a Venezia, ove ancora oggi si venera il suo corpo incorrotto.
A Ruggiano nel santuario a lei dedicato sono presenti alcune sue reliquie, un lembo del velo e un frammento del cranio. Ogni anno viene festeggiata il 16 e 17 luglio.Per Santa Marina accorrevano qui in pellegrinaggio i malati di itterizia, chiamata anche “Male d’arco” perché si riteneva responsabile della malattia l’arcobaleno. La tradizione vuole che i pellegrini prima di arrivare dovessero fermarsi ad orinare nei pressi di qualcosa che avesse la forma di un arco. Giunti nel piazzale del santuario acquistavano poi le “zigaredde”, tradizionali nastrini colorati che, una volta strofinati alla statua della Santa, acquisivano il potere di prevenire la malattia. continua...

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